Il decoro del Maestro Domenico Di Mauro nella tradizione dei Carretti Siciliani
Der Meister Di Mauro und seine sizilianischen Wagen
Di Mauro decora
Domenico Di Mauro nasce ad Acireale, in provincia di Catania, il 4 aprile 1913, da una modesta famiglia borghese.
Qui trascorse la sua infanzia e frequentò le scuole elementari ultimandole nel 1924. Sarà l’unico titolo di studio che il pittore riuscì ad ottenere.
Per lui, come per tanti altri ragazzi del tempo, dopo icinque anni d’istruzione elementare, bisognava imparare un mestiere per dare sostegno economico alla famiglia.
E Domenico Di Mauro, che aveva dimostrato predisposizione per il disegno, pensò bene di trasferirsi nel paese di Aci Sant’Antonio nei pressi di Acireale, dai nonni paterni, dove nelle botteghe i giovani promettenti venivano iniziati da maestri pittori all’arte del carretto.
Il paese era, senza dubbio, il centro più importante della Sicilia orientale per quel che riguarda questa arte e vantava la presenza di:
- scultori di carretti come Domenico Di Mauro (cugino del nostro protagonista), Rosario Torrisi, Alfio e Antonio Ferrara, Francesco D’Amico, Salvatore Chiarenza, Gaetano Nicolosi, Salvatore Murabito e Vincenzo Di Giovanni. A loro era affidato il compito di scolpire 1e parti in legno del carro come le fiancate, le ruote e le assi.
- maestri ferrai come Giuseppe D’Agata, Vito e Salvatore Bella, Ignazio Sapienza e Salvatore Guerrera, dalle cui mani venivano forgiate le parti in ferro.
- abili costruttori di carretti (se ne contavano più di venti) fra i quali Gaetano Bottino, che era stato il primo nel paese a preoccuparsi di mettere insieme i vari pezzi del carretto.
- infine grandi maestri pittori come Giuseppe Maugeri e Gaspare Zappalà, che in virtù del fatto di essere stati i primi nel paese, vantavano di avere insegnato quella arte a tutti gli altri pittori della zona. Anche a Vincenzo Di Mauro, fratello del padre del nostro Domenico, la cui bottega era una delle migliori del paese insieme a quella di Giuseppe Zappala e di Gaspare Zappalà .
Cosi nel 1925, all’età di dodici anni, Domenico Di Mauro entro nella bottega dello zio Vincenzo. Questi era un tipo un po’ burbero nell’aspetto e nei modi, ma ebbe fin dall’inizio un occhio di riguardo per il nipote.
Aveva scorto in lui una forte passione per la pittura e un talento notevole: una combinazione perfetta per diventare un grande pittore di carretti.
L’arte di dipingere i carretti era nata nella meta dell’Ottocento, per dare un tocco di colore alla solitaria giornata dei trasportatori siciliani. I carrettieri si recavano dai pittori e si facevano dipingere nelle fiancate e nelle assi delle ruote i soggetti di loro gradimento.
Inizialmente la scelta ricadde su quelli sacri, a guisa di protezione per se stessi e per il carro; unico mezzo in grado di esorcizzare ogni pericolo di male futuro. Col passare del tempo, il repertorio si era arricchito di nuovi temi per 1’influenza dei cantastorie, che andavano in giro per la Sicilia narrando di cavalieri e di amori.
I santi furono soppiantati (senza mai scomparire del tutto dal carretto) dalle storie dei paladini e soprattutto dalle scene di “Cavalleria Rusticana”, la novella che Giovanni Verga aveva dedicato proprio alla nobile figura del carrettiere.I1 tutto, comunque, senza pretese di esecuzioni di qualità; colori piatti e sgargianti. Questo era quanto richiedeva il gusto popolare.
La vita alla bottega non era facile; ci si alzava all’alba e bisognava dedicarsi alla pittura tutti i giorni con costanza, per potersi impossessare del mestiere.
Niente sabati, né domeniche; solo colori, preparati con terre naturali e olio di lino. Ma per Domenico Di Mauro non era un sacrificio; giorno dopo giorno prendeva sempre più confidenza con il pennello e la tavolozza variopinta.
Lo rendeva insoddisfatto il non poter trasmettere un po’ di arte a quelle figure che vivevano piatte sul carretto, senza ombra, né luce, né senso plastico. Dopo soli due anni trascorsi sotto la guida dello zio Vincenzo, Di Mauro fu in grado di mettersi a lavorare in proprio e lo fece a S. Teresa Riva, in provincia di Messina. Fu invitato da un maestro di bottega, che avendo sentito parlare della bravura del ragazzo acese, lo volle con sé per dipingere alcune fiancate di carretto. Tre anni dopo lo ritroviamo in una bottega di Scordia, in provincia di Catania.
Sia questa esperienza che la precedente non si protraggono per lungo tempo. Ultimato il lavoro e fatto ritorno ad Aci S. Antonio, Domenico Di Mauro medita di aprire una bottega tutta sua; finalmente nel 1928 trova un locale in via Veronica, alle spalle della Chiesa Madre.
Vi resterà solo un paio di anni. Nel 1931 si trasferisce infatti al numero 66 di via Regina Margherita, nella bottega di Giuseppe Zappalà, del quale sposerà la figlia nel 1936. In quel periodo comincia a interessarsi di politica. Nel 1944 compie la sua scelta ed entra a far parte del movimento socialista, al quale resterà fedele per tutta la vita.
Partecipa attivamente a varie manifestazioni politiche di protesta e, accusato di antifascismo, corre il rischio di essere espatriato. La sua grinta e la sua caparbietà conquistano la simpatia dei compaesani che lo eleggono sindaco proprio nel ’44.
E’ dello stesso anno la nomina a presidente dell’U.RR.A. (che prese più tardi il nome di Assistenza Ega), 1’associazione che si occupava di distribuire ai bisognosi i viveri inviati dagli americani. Fin quando 1’associazione e nelle sue mani tutto fila per il meglio.
Qualche anno dopo, sotto la presidenza di approfittatori, ai bisognosi arriverà ben poco.
Nonostante il bene della collettività gli stia molto a cuore il suo grande amore resta la pittura. Gli impegni politici lo tengono lontano dai suoi carri solo per un paio d’ore la mattina. Il resto della giornata lo trascorre alla bottega dove ritrova se stesso tra i colori e le fiancate. Rimarra in carica al comune dal 1944 al ’46.Ritornato un semplice cittadino può riprendere a fare il pittore a tempo pieno, ma senza trascurare le sue idee di socialista.
Particolare Testa in Sponda di carretto
E approfitta più di una volta della sua bravura con il pennello per creare episodi di satira politica; proprio sui pannelli del carretto.
In occasione di una sfilata per le vie del paese dipinge, su un fianco del carro, una carrozza, con sopra un uomo che punta col dito la direzione, trainata da un branco di pecore e lumache; e il popolo che si fa ammaliare e guidare dal politico corrotto.
Gli anni che seguirono videro Di Mauro sempre più preso dalla passione per la pittura. Il numero di pittori, nel paese era aumentato e purtroppo le richieste di lavoro non si presentavano di frequente. Questo perché il carretto aveva ormai perso la sua funzione strettamente utilitaria; andavano prendendo il suo posto i mezzi di trasporto motorizzati.
Questo n’aveva migliorato la qualità delle pitture; non dovendo più essere solo un motivo di conforto per il carrettiere, il colore si era raffinato, sfumato, in vista dei nuovi committenti: i collezionisti. Ma le richieste, anche da parte loro erano rare. Questo portò ad un periodo di crisi tra il 1951 e il 1953.Domenico Di Mauro, cosi come gli altri pittori del paese, dovette rivolgere il proprio interesse alla produzione di souvenir per i centri turistici della Sicilia. Dipinse piccoli carri, tamburelli, oggetti in terracotta e quando capitava l’occasione anche Moto- Ape. Risale proprio a quegli anni 1’usanza (tuttora in voga) di effigiare questi mezzi motorizzati con gli stessi soggetti usati per i carretti.
Domenico Di Mauro dovette farlo per necessità. Non amava quelle fredde superfici di metallo sulle quali il colore perdeva gran parte della sua energia. Le sue figure, le sue scenografie non chiedevano di meglio che vivere sulle assi di legno del carretto. Quando intorno al 1954 diverse botteghe dovettero chiudere a causa delle richieste che scarseggiavano, la situazione cominciò a migliorare per i pochi che avevano continuato a lavorare adattandosi alle esigenze. Domenico Di Mauro tornò ai suoi carretti con il preciso intento di donargli L’arte che aveva covato dentro di se tutti quegli anni.
Sulla sua tavolozza i colori si smorzarono e il pennello fece da tramite per trasmettere la sua passione alle figure e alle ambientazioni. Un tempo doveva adoperare tinte forti, destinate a resistere alle intemperie cui le sponde dei carretti andavano incontro nella quotidianità del lavoro. Ma adesso poteva finalmente dare “corpo” alle sue figure, renderle plastiche con la luce e le ombre.
Nel giro di pochi anni il carretto, grazie alla sua bravura di pittore, si trasformò in un ricercato oggetto d’arte. Nessuno mai aveva dato tanto all’umile carretto e nessuno riuscì ad eguagliare la qualità e la raffinatezza delle sue esecuzioni. Risale a questo periodo 1’incontro con Carlo Levi (Torino 1902 – Roma 1975), pittore neorealista, scrittore (autore fra l’altro del celebre libro “Cristo si e fermato a Eboli”) e antifascista militante (proprio come Domenico Di Mauro).
I due si conobbero in occasione di un incontro politico svoltosi a Catania. Fu l’inizio di una forte amicizia durata fino alla morte di Levi. Tutte le volte il pittore torinese si recava in Sicilia andava a trovare Di Mauro nella sua bottega dove si discuteva di arte, di vita e anche di politica.
Levi nutriva una grande ammirazione per quell’uomo che aveva scelto di fare omaggio del suo talento a quell’arte popolare piuttosto che alla tela. Suggerì comunque all’amico di provarla. Di Mauro si avvicinò cosi alla pittura su tela ma senza mai allontanarsi troppo dai sui carretti. La sua strada era quella; questo era quanto gli suggeriva il cuore.
Alla fine degli anni ’50 conobbe il pittore Corrado Cagli in occasione della Mostra Internazionale di pittura di Acitrezza, paese reso celebre dalla famiglia dei Malavoglia di Verga.
Dopo Carlo Levi sarà Corrado Cagli la seconda grande amicizia della sua vita.Tutti restavano colpiti della sua pittura e l’interesse che nacque per le sue creazioni fece giungere 1’eco della sua maestria nell’Italia settentrionale e aldilà delle Alpi.
La committenza, che si era già spostata nella sfera dei collezionisti, ben presto toccò anche quella dei musei. Chiunque venisse a visitare la Sicilia faceva tappa nella sua bottega. Cosi Domenico Di Mauro ebbe il piacere di accogliere nel 1962 il premio Nobel Salvatore Quasimodo, e negli anni successivi il regista Pier Paolo Pasolini e molti altri illustri personaggi. Il 12 Aprile 1963, due poliziotti motociclisti che scortavano una lunga fuoriserie scura, si fermarono davanti alla sua bottega. Ne scesero il re Gustavo di Svezia e la consorte venuti a fare personalmente i loro acquisti. Fu tanta la sorpresa e 1’imbarazzo del pittore in quel momento.
Le ordinazioni ormai fioccavano e nel decennio 1960-1970 il lavoro fu per Di Mauro solo un piacevole pretesto per migliorare ancora la sua pittura.
Nel 1970 ricevette 1’invito, dalla città di Firenze, di partecipare alla Mostra Internazionale dell’Artigianato. Fu il primo di una lunga serie di viaggi, lontano dalla sua terra, che lo portarono nei più importanti centri dell’Italia centrale e settentrionale.
Invitato dall’UNESCO si reco a Milano per dipingere in Piazza del Duomo, le fiancate di un carretto sotto gli occhi esterrefatti dei numerosi spettatori accorsi per 1’occasione. Domenico Di Mauro si sentiva veramente compiaciuto nel vedere tanto interesse nei confronti della sua arte. E soprattutto era fiero di poter trasmettere attraverso quei colori e quelle storie, le atmosfere vive e solari della sua amata Sicilia. Ciò che colpiva era l’esecuzione delle pitture; la sua era un’arte sapiente e ben rifinita che dimostrava sensibilità figurativa e cromatica e metteva in luce le sue capacità rappresentative.
Nel 1979 un alto personaggio, interessato nei rapporti commerciali italo-inglesi gli ordino un carretto che sarebbe stato fatto sfilare, con dei gruppi folkloristici, dinanzi alla regina d’Inghilterra. Sarebbe stata gradita la sua presenza e gli fu inviato il biglietto per Londra. Il pittore non era allettato dall’idea di quel viaggio; la sua presenza era ingiustificata visto che sarebbe bastata quella del suo carretto. Quindi rifiutò l’invito.
All’estero vi si reco qualche anno dopo, in occasione di quella che sarà l’esperienza più gratificante: la sua partecipazione alla Feté de 1’Umanita di Parigi, svoltasi il 12 e 13 settembre 1981 nel parco “La Corneuve”. Fu invitato a rappresentare la Sicilia al padiglione “Tourisme et Travail”, un ente con dodicimila dipendenti e 75 villaggi sparsi in tutto il mondo. In quell’occasione quasi un milione di persone poterono ammirare Di Mauro a lavoro sui portelli e sulle fiancate dei carretti. Il suo successo senza precedenti convinse il direttore dell’organizzazione a chiedere a1 pittore di esporre per 1’anno successivo un carretto completo. Così, nel 1982, la sua creazione fu esposta nel più prestigioso museo etnologico del mondo: il “Musée de l’homme” di Parigi (dove tuttora si trova).
L’avventura parigina lo rese raggiante e fatto ritorno ad Aci S. Antonio ne racconto con la meraviglia di un bambino.
Riprese a dipingere con più entusiasmo di prima e arricchì il proprio repertorio con nuovi soggetti di argomento classico e addirittura operistico.Dalla Bohème al Lohengrin e soprattutto scene della grande tradizione storica italiana: la battaglia di Spartaco, l’eroismo di Publio Decido Mure, i combattimenti della Lega italica a Corfinio. Anche scene mitologiche di tradizione greca.
Le richieste di lavoro cominciarono a giungere anche dall’estero.
Un piccolo carro con sopra effigiate le vicende del Presidente americano John F. Kennedy, fu spedito alla Casa Bianca.
Altre sue creazioni trovarono posto nei musei o nelle case dei collezionisti di Leningrado, di Mosca, di Tokyo e di altre città del mondo.
La fama e il successo nonostante fossero inebrianti, non toccarono mai la semplicità e l’umiltà di Domenico Di Mauro.
Neanche quando nel 1983, per la manifestazione internazionale “Etna d’oro”, la commissione ministeriaie gli assegno l’ambito “Trofeo del Maestro”, strappandolo al pittore Renato Guttuso: “Caposcuola, insigne maestro della pittura folcloristica, Domenico Di Mauro ha contribuito a diffondere attraverso i suoi colori nel mondo, la storia in un alone di millenaria tradizione, del generoso popolo siciliano”.
La motivazione portava la firma del Procuratore della Repubblica Alfio Cocuzza, presidente del premio internazionale “Etna d’oro”. L’avvenimento suscitò l’interesse del critico Mario Grasso. Dopo essere stato diverse volte ospite nella bottega di Di Mauro, scrisse al pittore acese: “La sua attività vera, primigenia e il dar via libera alla sua vivida fantasia di bozzettista e colorista. Ed e cosi che nuove fiancate si animano di personaggi mitici e di bozzetti di folklore siciliano sotto le sue mani d’artista e di poeta del segno e del colore. E’ il suo estro ingenuo e geniale a ridare corpo alla leggenda di Aci e Galatea, a quella dei Ciclopi o a scene toccanti di Cavalleria Rusticana e ancora della Gerusalemme Liberata”.Nello stesso periodo conobbe anche Enzo Maganuco, docente di Storia dell’arte all’Università di Catania e studioso delle tradizioni isolane.
II suo amore per il folklore siciliano e in particolare per 1’arte del carretto lo portarono proprio nella bottega di Di Mauro, dove avvenne il loro primo incontro. Maganuco si recò speso ad Aci S. Antonio per fare visita al pittore. Si rivelo una persona affascinante e soprattutto un amico. Avevano in comune l’amore per quell’arte, che li tenne vicini per diversi anni, fino alla morte del professore Maganuco.”Domenico” gli diceva ” è bene che tu ti avventuri nel mondo della pittura su tela, ma non allontanarti troppo dai tuoi carretti”.
Di Mauro condivideva le idee dell’amico; ormai il suo talento viveva al servizio di quelle grandi ruote e delle crude fiancate assetate di colore, che gli scultori avevano impreziosito di intagli di gusto baroccheggiante. Successivamente ebbe il piacere di conoscere anche il poeta Andrea Zanzotto e Giorgio Barberi Squarotti. Verso la meta degli anni ’80, colpito dalla pittura del ‘700 e del ‘800, pensò di trasferirne alcuni soggetti sui suoi carri. In particolare gli piacque Frangois Boucher (1703-1770), pittore esponente del Rococò francese. La sua era un’arte festosa, raffinata, piena di gioia di vivere; inoltre, ed e questo che aveva colpito maggiormente il pittore acese, le sue leziose figure erano tratte dalla mitologia. I corpi femminili che Boucher amava ritrarre erano di perfette proporzioni, trionfanti nella loro nudità di adolescenti, caldi di colori tenui e delicati. Cosi Di Mauro, nel 1988, trasferì sulle fiancate del , carretto “Il riposo di Diana uscita dal bagno” e “Silvia ‘ che guarisce Fillide dalla puntura di una vespa”. E lo fece convertendo i soggetti di Boucher al suo stile; colori si sfumati ma tinte più accese per la sua Diana.
Il risultato sarà notevole e raccoglierà ammirazione da critici e artisti. Di Mauro giunge alle soglie degli anni ’90 con uno stile ormai pienamente maturo e settanta anni di attività alle spalle. Le sue giornate lavorative si vanno accorciando; non più sveglie all’alba e colori fino a tarda sera. I ritmi si sono rallentati. Ma la passione per la pittura e per i carretti e rimasta quella di una volta. Oggi Domenico Di Mauro ha ottantacinque anni e ..dipinge ancora nella sua bottega ad Aci S. Antonio. Il , suo unico figlio Nello, che ha ereditato dal padre la passione per la pittura, non ha seguito la strada dell’arte del carretto. Lavora come archivista all’Intendenza di finanza di Catania ed e un bravo pittore naïf.
II rammarico di Domenico Di Mauro e proprio quello di non avere numerosi apprendisti nella sua bottega; quattro o cinque in tutto, che vi si recano saltuariamente.La sua arte non suscita più l’interesse di una volta fra la gente; molti non sanno neanche chi e Domenico Di Mauro e cosa ha rappresentato ne1la sfera del folklore siciliano. Il suo e un mestiere in via di estinzione come quello dello scultore di carretti , del maestro ferraio e del costruttore. L’ultimo costruttore di , carretti ad Aci S. Antonio e morto nel 1989, ed era Lorenzo D’Agata. Ora vengono costruiti nel paese di Belpasso o in altri centri dell’entroterra siciliano.
Da anni Di Mauro si batte per fare istituire una scuola regionale d’arte ma la sua voce e rimasta sola. Sarebbe un peccato far morire una tradizione , tanto affascinante e ricca di cultura e di poesia. Intanto, nella sua bottega, ci sono ancora numerosi carri che aspettano di essere battezzati dai suoi colori. E gli impegni di artista lo portano in piazza a dipingere davanti ai ragazzi delle scuole d’arte o alle sfilate di carri, come quella svoltasi ad Acireale il 5 agosto ’95, alla quale erano presenti due sue creazioni. Di Mauro e ancora preso totalmente dalla sua arte e dalla sua passione e pensa con amarezza al momento cui dovrà chiudere i suoi tubetti e riposare i pennelli. Ben presto per il carretto non ci sarà più luce; sta già consumando il suo crepuscolo.
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