Analizzare lo stile di Domenico Di Mauro e compito piuttosto arduo, se non s’inquadra il contesto nel quale il pittore ha operato: il mondo dei carretti. La sua pittura non ha motivi ricorrenti o forme riscontrabili solo nelle sue creazioni; ma se ci trova davanti ad una di queste si avverte subito la presenza del pittore acese. La sua presenza e testimoniata dall’armonia dei colori, dall’uso della prospettiva e dalla plasticità delle figure. Abbiamo detto che la pittura dei carretti e nata nella metà dell’Ottocento per dare un tocco di colore alla “grigia” giornata del carrettiere. E tale e rimasta fino al Novecento quando, con l’avanzare del progresso il carretto ha perso la sua funzione per entrare, come simbolo nel mondo del folklore siciliano. Nonostante le trasformazioni subite nel tempo, si erano visti eclatanti mutamenti a livello pittorico prima del contributo di Domenico Di Mauro. La tavolozza si era arricchita di nuove tinte (con i colori primari al completo e secondari; i primi pittori si contentavano di effigiare solo di rosso il carretto, perché risaltava sul colore base giallo pastello), il repertorio di nuovi temi ma le figure avevano “continuato a vivere piatte su piatte scenografie. II nostro Domenico ha introdotto in quel mondo policromo la prospettiva, dando un primo importante contributo a quell’arte. Poi ha sfumato le tinte; e cosi sono nate le sue figure che sembrano venire avanti fino a staccarsi dalle fiancate per vivere di vita propria. La luce gioca un ruolo di rilievo sui suoi soggetti; non proviene mai dalla stessa fonte. A volte da destra, altre dall’alto, e ancora da sinistra; e bianca, limpida e incide figure carezzandole.
Accende i colori delle scene del carro come il rosso, il giallo, il verde, l’azzurro, per poi posarsi sui candidi visi delle figure femminili dalle guance rosse di sole di Sicilia. I visi maschili hanno tinte più scure derivate dall’unione di terra gialla, terra di Siena e bianco, per dare forza virile.
E mentre sulle fiancate laterali mette in scena gli uominie le loro vicende, ha riempito il resto con decorazioni pittoriche. Fiori, animali, figure geometriche, e tutto quanto fervida fantasia gli ha suggerito, hanno popolato la cassa, piano quadrato o rettangolare che accoglieva il carico (solitamente realizzata in legno di faggio).Compaiono motivi decorativi anche sulle due fiancate (in noce), ai lati della precedente, dette anche “masciddari”, la dove la rappresentazione delle scene ha lasciato spazio. Compaiono sulle due assi che, parallele, partono da sotto la cassa percorrendola nella sua lunghezza e si prolungano anteriormente al carro per permettere di attaccarvi il cavallo. La cascia di fusu, in ferro battuto, posta sotto il carro le cui forme lavorate a mano richiamano i soggetti delle fiancate; vi ritroviamo le teste dei paladini, animali tratti dalla mitologia e non, fiori, duelli di cavalieri. E cosi accade anche per le due grandi ruote collegate da un asse. Il suo stile e riconoscibile dalle decorazioni solo se queste si osservano nell’insieme del carretto ; sono motivi ripresi anche da altri pittori che però non riescono a raggiungere la sua stessa armonia
Per essere certi dell a “sua” presenza bisogna indubbiamente guardare le scene riprodotte sulle fiancate.
Qui vengono alla luce le caratteristiche del suo stile: quella prospettica, cromatica, plastica.
Anche se all’apparenza queste tre parole, senza essere approfondite, appaiono spoglie, normali, abili nell’intera sfera pittorica esse vanno inquadrate in quel contesto particolare citato all’inizio del capitolo.
Domenico Di Mauro e stato infatti il primo ad introdurre nel mondo della pittura dei carretti e l’unico a proporle con un linguaggio altamente qualitativo.Mi spiego meglio: nelle sue creazioni non ci sono motivi ricorrenti, colori predominanti particolari tagli prospettici e tracce stilistiche di illustri pittori.
La parola “stile” e nel suo caso sinonimo di qualità di esecuzione; e nessun altro pittore di carretti ha dunque raggiunto il suo “stile”.
Le sue tinte passono delicatamente dal chiaro allo scuro.
I corpi sono morbidi: e quando si mostrano nudi la luce vi scivola sopra evidenziandone le forme statuarie. E la prospettiva gli permette di creare scenari dove poter far “vivere” i suoi personaggi. ll punto di fuga prospettico non è mai lo stesso; si sposta a seconda di quel che la fantasia gli suggerisce.
Ma la prospettiva e sempre esatta; c’e un’attenta scansione di piani che degrada in lontananza con atmosfere sfumate, quasi leonardesche. Le figure si trovano sempre in primo piano mentre lo sfondo rappresenta generalmente un paesaggio naturale o urbano.
Dove ha imparato tutto quanto costituisce il suo bagaglio artistico? Sicuramente nella sua bottega; giorno dopo giorno, pennellata dopo pennellata la sua innata passione per i colori gli ha permesso di raggiungere tali livelli. Dunque questo grande talento non e stato frutto di lunghi anni di studi artistici o di contatti con grandi maestri del colore; e nato con lui, nel momento in cui ha dato il primo sguardo al mondo .
Nel corso della sua vita è maturato per poi manifestarsi nell’adolescenza e prendere forza con l’esperienza di anni e anni di lavoro.
I critici stentano a credere che non abbia frequentato scuole a indirizzo artistico. Ma non c’è da stupirsi.
La magia dei suoi colori non la si può spiegare; bisogna esserne investiti mettendosi davanti una sua creazione, osservandola nell’insieme. L’armonia che ne scaturisce deriva da un’attenta cura degli accostamenti cromatici. Non c’e colore che strida con quelli a lui vicino; non c’e motivo decorativo che possa vivere lontano dal contesto in cui si trova.
Quando ad esempio dipinge una ruota se ne deve allontanare dopo averla arricchita di un nuovo colore ; solo così riesce a coglierne 1’armonia. E la sua mano sapiente che si dilunga nel pennello sa smorzare le tinte che , arroganti, cercando di sopraffare le altre. Ma i colori li ama tutti, indistintamente. Così come non ci sono soggetti che predilige. Alcuni appartengono alla tradizione cavalleresca, altri alla letteratura, altri alla mitologia e via proseguendo fino a giungere a quelli che sono derivati dalla sua esperienza parigina: le tele dei grandi pittori, ammirate al museo del Louvre.
Oltre a Boucher, del quale abbiamo già parlato nel capitolo dedicato alla sua vita, lo hanno colpito Sebastiano Ricci, Peter Paul Rubens, Nicolas Poussin e Jacques Louis David. Ha riportato sulle fiancate dei carretti le opere più significative di questi pittori e lo ha fatto per dare ancora più prestigio alle sue creazioni .
Ne ha ammirato i caldi colori, i corpi plasmati dalla luce, l’esaltazione vitale; li ha certamente sentiti al suo stile .
Ad esempio i1 “Ratto delle sabine” di Poussin è cromaticamente accostabile al carretto; ci sono il rosso, l’azzurro, il giallo, il verde. Ma c’è anche un fattore riscontrabile nelle pitture di Di Mauro: la forza espressiva del drappeggio, che lo distingue ancora una volta dagli altri pittori di carretti.
La sua conoscenza dei colori, la sua bravura con i pennelli, lo hanno portato a trattare le stoffe magistralmente. Non ultima la sua voglia di dare il meglio al suo amato carretto. Questo uomo eccezionale deve la sua maestria fondamentalmente a se stesso, alla sua voglia di migliorarsi e a Madre Natura che gli ha fatto dono di un così grande talento.
Naturalmente agli esordi la sua pittura non aveva nulla di diverso da quella degli altri pittori; oggi ne è lontana anni luce. Ha dato importanza al carretto elevandolo a “opera d’arte”; al di fuori della sua non ci sono altre opere d’arte nel mondo dei carretti.
Se vi trovate davanti un carro siciliano dalla perfetta armonia cromatica, dalle figure sapientemente trattate sulle quali la luce plasma le forme e dalle scenografie che sfumano in lontananza sotto l’influenza della prospettiva, non potete sbagliare: state ammirando una creatura di Domenico Di Mauro.
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